Pignatelli, live painting a Milano. «Guernica secondo me»

Pignatelli, live painting a Milano. «Guernica secondo me»
di Carmelo CIPRIANI
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Venerdì 3 Maggio 2024, 05:00

Ha tutto il sapore di un omaggio alla carriera il duplice evento che, da domani, vedrà protagonista Ercole Pignatelli a Milano. Lo scorso aprile Gianfranco Maraniello, direttore del polo museale milanese, ha incontrato l'artista leccese nel suo studio proponendogli una personale al Museo del Novecento. In tempi coincidenti il direttore di Palazzo Reale, Domenico Piraina, con la complicità dell’archistar Fabio Novembre, gli ha proposto di celebrare l'anniversario dell'incontro di Milano - e suo - con Guernica, reinterpretando il capolavoro picassiano in “Memento Amare Semper. Da Guernica a Pignatelli”, evento di live painting che durerà fino al 16 maggio. Una performance che avverrà nella Sala delle Cariatidi, il luogo più rappresentativo del Palazzo, che ancora reca le ferite dell'ultimo conflitto mondiale, di cui Guernica ha rappresentato il drammatico preludio. Performance ed esposizione sono a cura di Francesca Alfano Miglietti, che firma anche il testo critico in catalogo.

Guernica è una denuncia antifascista, un quadro epocale nel soggetto, nella tecnica e nella composizione, tanto innovativo da segnare un prima e un dopo, anche nella pittura italiana (non a caso “Oltre Guernica” s'intitola il manifesto artistico del Realismo stilato proprio a Milano nel 1946 dal gruppo di artisti appartenenti al cosiddetto Fronte Nuovo delle Arti).

La tela di Pignatelli - 3,49 metri per 7,70 (stesse dimensioni del dipinto picassiano) - è composta da nove tele verticali che, una volta terminata l'opera, saranno regalate alle scuole dei nove municipi meneghini affinché il messaggio antibellico di Guernica, pur con la necessaria revisione di Pignatelli, si rinnovi tra le giovani generazioni, in un presente in cui se ne avverte più che mai il bisogno. La mostra, a ingresso libero, sarà aperta da martedì a domenica (10-19.30); giovedì chiusura alle 22.30. Lunedì chiuso.

Pignatelli, come e quando è avvenuto il suo incontro con Picasso?

«Lo ha voluto il destino. Sono arrivato a Milano il 20 novembre 1953. Fuori dalla stazione c'era uno striscione che annunciava la mostra di Picasso a Palazzo Reale. Presi un tram e corsi a vederla. Fortunatamente fu prorogata di un mese, fino a dicembre. Vi ritornai ogni giorno. Guernica veniva dal Moma di New York, in Italia fu esposta solo a Milano. Io fui scelto dal fato per vivere quel momento magico. A Milano ho stretto amicizia con Raffaele Carrieri, che a Parigi aveva conosciuto Picasso posando per lui nei primi anni Venti. Anni più tardi decisi anche io di andare a incontrare il Maestro. Nel 1971 mi recai a Mougins. Al cancello della villa incontrai Giacomo Barra, il giardiniere di Picasso. Era piemontese. Mi disse che il Maestro era in casa, che stava lavorando e che avrei potuto vederlo il giorno dopo, a mezzogiorno, quando la moglie Jacqueline e l'infermiera lo accompagnavano nella solita passeggiata in giardino. Tornai il giorno dopo. Picasso mi vide, mi salutò e mi disse "Bon travail", buon lavoro. Aveva già novant'anni. Il giorno prima avevo lasciato al giardiniere un catalogo di Picasso che questi mi restituì con l'autografo del Maestro.

Il Comune di Milano la omaggia oggi con questo duplice evento. Come vive questo riconoscimento?

«A 89 anni posso dire che è il contrario: sono io che sto omaggiando il Comune di Milano. Avrei gradito che questa impresa me l'avessero chiesta dieci anni fa, l’avrei fatta meglio. In settant'anni dall'esposizione in città di Guernica avrebbero potuto chiedere questa reinterpretazione a Sironi, a Guttuso, che l’avrebbe fatta in maniera egregia, a Crippa, a Dova. Nella mia generazione ci sono stati Valerio Adami, Lucio del Pezzo, Bepi Romagnoni che pure avrebbero potuto farlo. Invece lo hanno chiesto a me. La direttrice del Museo Picasso di Parigi, Cécile Debray, mi ha chiamato dicendomi che verrà a trovarmi. Mi ha confidato che a Parigi hanno avuto grandi artisti come Fernand Léger, Edouard Pignon, Bernard Buffet, eppure a nessuno è venuto in mente di fare quello che sto facendo io oggi. Questa per me è l'ennesima "fatica di Ercole".

Guernica ha segnato la storia del Novecento. La sua reinterpretazione, oggi, che valore assume?

«Il mio intento è di dare la sensazione che questa "simbologia" abbia avuto il tempo di decantare. Quello che devo iniziare domani sera non è un compito ma un piacere: disegnare un'opera fondamentale a modo mio, imprimendo forza e allo stesso tempo leggerezza nei punti chiave. Il dipinto originario è in bianco, nero e grigio, io invece gli darò un colore di speranza: il rosa alba».

Questo riconoscimento della città in cui vive da settant'anni è di senso opposto alla decisione del Comune di Lecce di restituirle le opere già donate. Come ha vissuto questa decisione?

«Io e la mia famiglia l'abbiamo vissuta in maniera traumatica solo al momento della restituzione. Dopo però siamo stati felici di esserci ripresi tutto. Noi le avevamo donate ma dalla restituzione ci abbiamo guadagnato. Sei di quelle opere la mia galleria di Zurigo, la Kunst im West di Ursula Koller-Lehner, le ha vendute molto bene. Le altre le lascerò in dono ai miei sette nipoti. “Il castello deve rimanere vuoto” mi disse l'allora Assessore alla Cultura del Comune. E così è stato. Ho scelto di andare via da Lecce proprio perché temevo che non sarei riuscito a far nulla in città. Anche nell'Istituto d'Arte ho imparato molto poco. L'unico docente valido per me è stato Luigi Gabrieli. A Lecce ho vissuto solo 18 anni. Se vi fossi rimasto oggi sarei stato un pensionato che va alla Villa Comunale a giocare a bocce».

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