Riciclo della carta, l'Italia raggiunge gli obiettivi Ue con 10 anni d'anticipo

Cresce l’industria del recupero della cellulosa. Un tesoro da 4 miliardi: 700 piccole imprese alla conquista del mondo

Riciclo della carta, l'Italia raggiunge gli obiettivi Ue con 10 anni d'anticipo
di Francesco Pacifico
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Mercoledì 8 Maggio 2024, 16:02 - Ultimo aggiornamento: 9 Maggio, 07:46

All’epoca non si parlava ancora di economia circolare, ma in Italia - siamo negli anni del Dopoguerra - c’erano già un centinaio di piccole aziende che giravano per mercati, piazzali industriali ed edicole per raccogliere carta e cartoni destinati al macero.

È da lì che nasce un’industria - quella del riciclo di prodotti realizzati con cellulosa - che ha permesso al Paese di raggiungere gli obiettivi sul recupero degli imballaggi previsti dalle Ue con dieci anni di anticipo. Entro il 2030 l’Unione europea, infatti, impone agli Stati membri di “ridare nuova vita” al 90 per cento del packaging, tetto che l’Italia ha già superato. Un dato questo, ancora più eclatante, se si pensa che stiamo parlando della chiusura del ciclo dei rifiuti

Sì, perché su questo versante la mente corre spesso ai cumuli di immondizia abbandonati nelle nostre periferie, ai cassonetti sotto casa traboccanti di sacchetti o alle troppe discariche abusive scoperte anche nelle riserve naturali. Ma l’Italia, negli equilibri dell’economia circolare, ha tante eccellenze da raccontare. Infatti tra carta, vetro, legno e plastica, ogni anno, oltre 10 milioni di materiali vengono rimessi in circolazione.

Le emissioni

In questo comparto fa da regina l’industria del riciclo della carta. I numeri, poi, parlano chiaro: oltre 700 impianti sparsi sul tutto il territorio, 20mila addetti, 7 milioni di tonnellate di nuova carta prodotta dal materiale recuperato, dei quali 2 miliardi esportati all’estero, un fatturato annuo di 4 miliardi di euro, oltre al riciclo del 90 per cento degli imballaggi, che per il 60 per cento arrivano dal mondo delle aziende. Francesco Sicilia, direttore generale di Unirima (Unione nazionale imprese recupero e riciclo maceri), spiega: «Ogni tonnellata di carta che trasformiamo permette di evitare la produzione di altrettanta CO2». In Europa soltanto la Germania - con quasi il 95 per cento del totale - è più virtuosa dell’Italia nella trasformazione della cellulosa. 

Le municipalizzate raccolgono la carta e i cartoni che i cittadini ripongono nei cassonetti. In totale poco meno di 4 milioni di tonnellate all’anno. Altre ditte si occupano di ritirare gli imballaggi dalle imprese. Tutto il materiale - tra i 9 e i 10 milioni di tonnellate all’anno - viene poi pressato e lavorato dalle cartiere che recuperano la cellulosa o trasformano le fibre in bobine che saranno utilizzate per altri imballaggi, per la carta dei giornali o quella per usi igienici.

Un quarto di questa produzione finisce all’estero. Soprattutto sui mercati asiatici, India in primis, seguita dall’Indonesia, mentre nella Ue sono forti gli scambi con Germania e Austria.

«Per quanto riguarda le esportazioni, - aggiunge Sicilia - il nostro Paese è da 20 anni un esportatore netto di carta da macero, cioè la materia prima end of waste in uscita dai nostri impianti. Le esportazioni garantiscono uno sbocco al surplus strutturale di carta da macero rispetto al fabbisogno nazionale. Senza export il settore collasserebbe. E vendiamo fuori dai nostri confini, in media, circa 1,5 milioni di tonnellate con punte anche di circa 2 milioni raggiunte nel 2023».

La geografia

Gli impianti ai quali sono conferiti carta e cartone, come detto, sono oltre 700. Le maggiori 108 imprese segnano un valore medio di produzione di 25,8 milioni di euro e uno aggregato di 2,83 miliardi di euro. «Sono per lo più piccole e medie, moltissime a conduzione familiare. Rispetto ad altri settori - fa notare il direttore generale di Unirima - è fortissima la presenza al Centro Sud». In questa classifica, dopo Lombardia (137 ditte) e Veneto (85), ci sono Lazio e Campania. Infatti nelle regioni del Centro e del Mezzogiorno ci sono 351 siti di trasformazione. 

Negli ultimi anni il settore, soprattutto dopo il Covid, ha scontato l’aumento di gas ed elettricità, le restrizioni nei trasporti, lo schizofrenico ping pong delle quotazioni della cellulosa, le difficoltà economiche dei principali acquirenti e i problemi nella raccolta differenziata. Più precisamente, sottolinea Sicilia, «dal nostro punto di vista notiamo una riduzione della qualità della raccolta differenziata, evidenziata anche dell'incremento negli anni della forbice tra il dato della percentuale di riciclo e quello della differenziata stessa». 

Con il Pnrr saranno impegnati oltre 100 milioni di contributi per potenziare 42 siti di trattamento dei rifiuti cartacei. Guardando al futuro, conclude il direttore generale di Unirima, «con presse meno energivore riusciremo a contrastare meglio i sovraccosti delle energie e aumentare la quantità di produzione. Il settore è solido e non chiede incentivi pubblici. Sarebbe invece utile, come ha rilevato l’Antitrust, che non ci fossero commistioni nelle ditte di raccolta dei rifiuti tra l’attività di ritiro dei materiali e quella di trasformazione, che ci crea un problema di concorrenza sleale. Allo stesso modo non è possibile che per autorizzare il revamping dei nostri impianti debbano passare almeno quattro anni».

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