Dai campioni del volley al calcio in D: Ugento e i "miracoli" di don Tonino Bello

Dai campioni del volley al calcio in D: Ugento e i "miracoli" di don Tonino Bello
di Vincenzo MARUCCIO
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Martedì 7 Maggio 2024, 14:37

Ci sono promozioni che valgono uno scudetto, ci sono vittorie che fanno gridare al miracolo. Il calcio in serie D per la prima volta, molti anni dopo i fasti del volley. Piccolo è bello, il sogno che si avvera, la favola che diventa realtà. Strane storie da Finibusterrae dove tutto è lontano, strane coincidenze dal Capo di Leuca che conquista i meritati riflettori. Ugento, che mezza Italia conosce per le spiagge caraibiche. Ugento, che i tedeschi apprezzano per i campeggi nelle pinete. Ugento, diocesi tra le più amate dagli ultimi Papi: appena 12mila abitanti ma quanto basta per “impazzire” di sport, farsi largo negli albi d’oro e sfornare campioni. Uno su tutti prima di spiccare il volo: Fefè De Giorgi.

I Falchi di Ugento tra De Giorgi e Colaci

In principio fu il volley. Una storia cominciata con i Falchi di Ugento fino all’approdo in serie A per sfidare i giganti del Nord: ora la squadra milita nelle serie inferiori ma è come se lo spirito si fosse incarnato nei suoi figli cresciuti a due passi dallo Jonio. Due giorni fa l’ultimo trionfo: Massimo Colaci, ex libero della Nazionale cresciuto a Ugento, ha vinto il suo quinto scudetto a Perugia alla bellezza di 39 anni.

Non ha intenzione di mollare e ha rinnovato per un altro anno: c’è la Champions da vincere. Gli parli e il discorso scivola su quelle che non possono essere solo coincidenze: su Mirko Corsano che qui ha cominciato prima di vincere tra club e Nazionale, e su Marco Rizzo anche lui passato da qui. Una filiera generazionale racchiusa in un nugolo di case bianche in pochi chilometri. Come sia accaduto nessuno lo sa.

La passione per il calco e il salto in serie D


Che lo spirito di sacrificio faccia la differenza lo sanno tutti, che la passione quaggiù dove finisce lo Stivale abbia un effetto moltiplicatore lo si intuisce appena imbocchi lo svincolo della 274. Dal palazzetto allo stadio in erba sintetica che già s’intravede dalla statale sono poche centinaia di metri, ma la voglia di vincere è la stessa. La squadra di calcio è passata dalla Promozione alla D in pochissimi anni: investimenti oculati, una società con la testa sulle spalle, un tecnico di valore, una rosa di argentini e spagnoli ben integrati con gli italiani e, ovviamente, un pubblico che riempie di giallorosso gli spalti in trasferta. 
Al palazzetto si continua ad andare, ma è allo stadio che il tifo più caloroso si è trasferito. Qui ora si sogna in grande. Certo, gli idoli dei ragazzini sono altri come è normale che sia in epoca global: Sinner l’invincibile, Jacobs il più veloce del mondo, gli schiacciatori dell’Nba americana, Lautaro, Leao o Vlahovic a seconda delle preferenze. Ma vuoi mettere quando gioca l’Ugento e bomber Bernaola strapazza le difese. Estrema periferia certo, ma vuoi mettere quando Davide batte Golia.

 

Don Tonino Bello e il riscatto della periferia


Un altro miracolo, o forse no. Invocare i Santi si può, ma non basta per chi qui si guadagna lo stipendio nei calzaturifici, per chi d’inverno si trasferisce al Nord in attesa dei guadagni estivi al lido, per chi si fa il mazzo anche se la xylella si è mangiata quasi tutto, per chi lotta duro contro le incrostazioni della vecchia criminalità. Per tutti questi che lo sport diventa possibilità di un’altra vita. 
Lo avrebbe condiviso anche don Tonino Bello che nel Capo di Leuca (nella vicina Alessano) ci era nato e che di miracoli se ne intendeva più di altri. Lui che “partorì” la squadra di volley di giovani seminaristi da cui sono nati i Falchi, lui che davanti ad un pallone rotolante non si tirava indietro, lui che per primo sarebbe sceso in piazza per festeggiare. Un miracolo sì, ma umano. Umanissimo. Fatto di comunità, orgoglio e riscatto. 

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