Ilva: in consiglio dei ministri nuovo decreto

Ilva: in consiglio dei ministri nuovo decreto
di Tiziana FABBIANO
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Giovedì 3 Dicembre 2015, 20:01
L’Ilva arranca. Dalla Svizzera il blocco al trasferimento dei fondi sequestrati ai Riva dai giudici di Milano è l’ultimo ostacolo di una crisi che appare senza fine. L’ennesima via d’uscita che il Governo proverà a mettere in campo per salvare il gruppo siderurgico - già commissariato e attualmente in amministrazione straordinaria - potrebbe essere un nuovo decreto. Il nono, da quando la magistratura tarantina ha sequestrato gli impianti del gigante dell’acciaio nel luglio 2012.

Tre anni e mezzo dopo l’esecutivo tornerà ad affrontare il dossier scottante nel corso del consiglio dei ministri. Altre misure, tutte nuove, che saranno inserite all’ordine del giorno dei lavori di domani a Palazzo Chigi.

Tre sono le direttrici sulle quali il Governo intenderebbe muoversi con il nuovo provvedimento da approvare. La prima: risolvere il nodo del miliardo di euro bloccato dal Tribunale di Bellinzona. Per quei soldi, sulla carta, ai commissari era stato dato il via libera ad emettere obbligazioni per 800 milioni di euro. La Cassa depositi e prestiti non ce la fa ad intervenire su tutta la somma e occorre quindi blindare al meglio le garanzie su quel fondo. L’apertura ai privati appare ormai come l’ultima ciambella di salvataggio possibile.

E in questo senso ci sia avvia al secondo punto: la newco. Anche questa è rimasta solo sulla carta. E la nuova Ilva (la vecchia si prepara a chiudere le procedure di fallimento) potrebbe trovare soldi freschi sia con l’innesto di Cassa Depositi e prestiti, per una quota pubblica intorno al 60%, sia con l’inserimento di una cordata dell’acciaio privata. La terza direttrice sulla quale il Governo interverrà probabilmente già domani è la scadenza dei termini per l’adeguamento ambientale dello stabilimento.

Già posticipato in precedenza a luglio 2016, l’adeguamento degli impianti tarantini contro l’inquinamento potrebbe subire un ulteriore slittamento. Ma questa non sarebbe una novità visto che già nelle scorse settimane si vociferava di un possibile ulteriore differimento, ancora di più in ragione del fatto che il miliardo e duecento milioni di euro dei Riva sarebbero dovuti rientrare in Italia proprio per finanziare gli interventi di risanamento ambientale della fabbrica e non per la parte produttiva.

È chiaro che ritardare ancora sul completamento delle procedure, in primis la copertura dei parchi minerali che è l’intervento-cardine di tutta l’Aia, avrebbe un impatto decisamente negativo sulla popolazione tarantina.
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