I dettagli dell'agguato mortale: Capriati è sceso dall'auto prima degli spari. Forse conosceva il killer

I dettagli dell'agguato mortale: Capriati è sceso dall'auto prima degli spari. Forse conosceva il killer
di Nicola MICCIONE
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Venerdì 12 Aprile 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 14 Aprile, 09:45

Ha guardato negli occhi il suo carnefice, che gli ha teso un agguato mortale nel buio di via Bari, a Torre a Mare. Raffaele Capriati, 40 anni, dopo essere sceso dall’auto - sarebbe questa la novità - non ha potuto fare nulla per opporsi alla furia cieca dell’uomo che forse conosceva e che gli ha esploso quattro colpi di pistola.

Tre, tutti sparati dalla stessa arma (probabilmente un revolver, calibro 9x21), hanno colpito il figlio di Sabino Capriati in pieno volto.

Premeditazione. «Lello», sorpreso dall’arrivo degli assassini in sella ad uno scooter di grossa cilindrata, potrebbe essere sceso dall’auto. Forse, c’era più di qualche conto in sospeso, ma sperava che la situazione si risolvesse in qualche modo. In quale? Parlando? Chiarendosi? Non pensava che quell’uomo sarebbe arrivato a tanto. Così tanto.

L’efferatezza con la quale è stato colpito il nipote dello storico boss della città vecchia, Tonino Capriati, evidenzia ulteriori tratti inquietanti della psicologia dell’omicida. Che potrebbe «aver fatto uscire Capriati dall’auto dove si trovava», è una delle ipotesi al vaglio degli inquirenti.

L'analisi

«Per quello che noi sappiamo dalle indiscrezioni giornalistiche rispetto all’autopsia e ai rilievi - ha detto il criminologo Domenico Mortellaro -, possiamo affermare che, la discesa di Capriati dall’auto prima dell’omicidio, ci fa pensare ad una dinamica dei fatti nella quale due persone si sono fronteggiate e si sono guardate negli occhi». Secondo gli investigatori, dunque, Capriati conosceva con ogni probabilità il suo assassino.

«Non è stato un agguato nel quale lo sparatore - ha proseguito Mortellaro - è arrivato, ha colpito ed è scappato via. E questa può essere una spiegazione» sul delitto avvenuto la sera di Pasquetta. L’identità dell’assassino di Capriati e il movente del brutale omicidio di stampo mafioso, a dodici giorni di distanza, restano ancora un mistero, che gli agenti della squadra mobile di Bari, coordinati dal sostituto procuratore antimafia Grazia Errede, avranno il delicato compito di risolvere. Secondo gli investigatori, dunque, Capriati conosceva con ogni probabilità il suo assassino. E quest’ultimo deve essersi impegnato per organizzare un delitto premeditato nel quale non sembrerebbe aver lasciato spazio alla casualità. Ha utilizzato molta accortezza nel muoversi (gli inquirenti cercano una moto), ma, soprattutto, appare evidente la precisione chirurgica con cui è stato attento a scansare il campo visivo delle telecamere e ad evitare di colpire la donna che era con Capriati, «non una sua parente».

«L’altra spiegazione – ha proseguito Mortellaro – può essere quella di non coinvolgere in nessun senso e in nessun modo l’altra persona che era presente nell’auto e di cui ancora comprensibilmente la magistratura, pur avendola sentita, non sta diffondendo alcun dettaglio». Dopo l'agguato, infatti, nonostante lo spavento, ha composto il 118 («anche se la voce, attraverso l’analisi della registrazione della telefonata non corrisponderebbe», rivelano fonti investigative), ha atteso l'arrivo del personale sanitario, per poi svanire nel nulla a bordo della vettura. Insomma, ha chiesto aiuto e poi è scappata. E con l'auto è sparito anche lo smartphone di «Lello», non ancora ritrovato. Le indagini, intanto, fra timori e omertà, vanno avanti: gli agenti del primo dirigente Filippo Portoghese stanno ricostruendo lo scenario in cui è maturato l'agguato. Potrebbe essersi trattato della conseguenza di una lite tra giovani Capriati e Strisciuglio in cui Capriati si sarebbe intromesso in difesa dei suoi rampolli o di un regolamento di conti per la gestione degli affari illeciti. In particolare quelli legati alla vita notturna.

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